Padre Turoldo: la biografia
Tra la mattina di giovedì 6 febbraio 1992 e la sera di sabato 8, centinaia di telefonate, di notiziari e di servizi speciali su tutti i giornali nazionali e su molti anche dei minori di venerdì 7 febbraio hanno informato e discusso sulla morte e sulla vita di fra David Maria Turoldo, spentosi - dopo una malattia di anni e una brevissima crisi finale, di appena una notte - poco dopo le ore 8 di giovedì nella clinica "San Pio X" di Milano, ove era ricoverato dal suo convento negli ultimi mesi. Egli è stato, quindi, sepolto - dopo un lungo omaggio degli amici e del popolo milanese e l'eucaristia funebre, di sabato mattina, celebrata nella chiesa di San Carlo al Corso con la presenza del cardinale arcivescovo Carlo Maria Martini e l'intervento di non meno di tremila persone - la sera, sempre di sabato, nel cimitero di Fontanella a Sotto il Monte Giovanni XXIII (Bergamo), presso l'abbazia di Sant'Egidio. Con lui è scomparso uno dei frati più noti del novecento in Europa, il più famoso in assoluto dei Servi di santa Maria.
1916 - 1943
La prima tappa della vita di Turoldo (Giuseppe, al battesimo) va dal sabato 22 novembre 1916 - quando nacque, in piena prima guerra mondiale, nono figlio in una povera famiglia di Coderno di Sedegliano (Udine), da Giambattista e Anna di Lenarda - sino all'8 settembre 1943. Sono gli anni della sua educazione iniziale, tra l'ambiente contadino del Friuli (dove ricevette, a otto anni, anche la cresima, il 18 dicembre 1924), le case di formazione dell'Ordine dei Servi nel Triveneto e la città di Milano, grande "patria" adottiva e generosa di lui come di molti friulani, martoriata allora dalla seconda guerra mondiale.
Postulante all'Istituto Missioni, presso il santuario di Santa Maria di Monte Berico a Vicenza, compì l'anno canonico di noviziato nel convento di Santa Maria del Cengio a Isola Vicentina dal 27 luglio 1934 al 2 agosto 1935, giorno in cui emise la prima professione religiosa, assumendo il nome - divenuto, poi, emblematico - di fra David Maria, con cui rimarrà sempre chiamato. Continuando gli studi umanistici di base e teologici, tra Venezia e Vicenza, pronunciò i voti solenni nell'Ordine - ormai a 22 anni - il 30 ottobre 1938. L'accesso ai sacri ministeri l'ebbe, sempre a Vicenza, agli inizi della guerra, nell'estate del 1940, e il presbiterato il 18 agosto dello stesso anno.
Per il completamento della sua preparazione culturale venne inviato, nel 1941, nel convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo, nel cuore di Milano, si iscrisse nel 1942, tra i primi frati dell'Ordine, alla giovane università cattolica, ove conseguendo, poco dopo la fine della guerra (11 novembre 1946), la laurea in filosofia, sotto la guida di Gustavo Bontadini, con una tesi dal tema significativo: Per una ontologia dell'uomo. Ivi conobbe maestri come Mario Apollonio, mai dimenticati in seguito.
1943 - 1955
Una nuova tappa della vita di Turoldo maturò, nell'estate del
1943, a Milano. Nel clima appassionato del momento, in vista di uno
sperato recupero di "umanità", egli si alleò decisamente
con un gruppo di cattolici fidenti nei valori di libertà e di
giustizia, valorizzando l'amicizia con giovani docenti e compagni di
cultura e di ricerca, che cominciarono anche a ritrovarsi nel convento
dei Servi. Con l'8 settembre 1943 il Turoldo - con il sostegno del
valtellinese fra Camillo Maria de Piaz, rimastogli vicino sino
all'istante della morte (e proprio lui gli ha chiuso gli occhi, quasi
mezzo secolo dopo!) - si impegnò attivamente nella Resistenza
lombarda, collaborando al giornale, clandestino sino al 1945, diffuso
dal convento dei Servi: L'Uomo (altro titolo assai sintomatico di una
passione innovativa anche per la chiesa), su cui fece le prime,
riuscite, prove della propria scrittura, sia in prosa che in poesia.
Nel decennio sino al 1952 - caratterizzato dalla liberazione della
città e dalla fine della guerra e, poi, dalla prima, fervida
anche se confusa, ricostruzione di Milano, nel contesto pieno di
speranze della "nuova" Europa - il Turoldo rimase assegnato di
convento nel capoluogo lombardo, ove si distinse subito per alcune
iniziative, che l'hanno reso ben presto una delle figure più
significative del momento:
1. l'organizzazione di
un'attività culturale nuova in convento, culminata con la
fondazione, nell'avvento del 1949, della "Messa della comunità
cristiana di San Carlo" (liturgia, carità, cultura) e, neppure
due anni e mezzo dopo, con l'avvio della notissima "Corsia dei Servi"
(istituzione di confronto e di dialogo, con il nome mutuato da quello
antico della via, presente anche nel romanzo di Alessandro Manzoni,
che dal convento dei frati conduceva alla cattedrale);
2. la
predicazione domenicale nel duomo di Milano, durante il governo del
cardinale benedettino Ildefonso Schuster, che, nella Resistenza,
offrì ai Servi anche una parrocchia nel quartiere popolare,
allora periferico, di san Siro;
3. il sostegno organico, fuori
Milano, all'avvio e all'affermazione della prima esperienza di
"Nomadelfia", piccola "città con la fraternità come
unica legge", fondata, a parziale recupero degli orfani creati dalla
guerra e come segno di speranza, in un campo di concentramento a
Fossoli presso Carpi (Modena), da don Zeno Saltini (Turoldo vi
contribuì con la proposta di una piccola comunità di
frati, ben presto sciolta, con invio di personale laico e con ingenti
somme di denaro, ottenute predicando e questuando presso la ricca
borghesia lombarda). Il nome di fra David Maria Turoldo venne
conosciuto ovunque in Italia, tra il 1948 e il 1952, soprattutto per
meriti letterari: nel 1947, il premio "San Pellegrino" lo
segnalò per il volumetto di liriche Io non ho mani, pubblicato
a Milano da Bompiani nel 1948; nel 1951, uscì da Garzanti il
teatro La terra non sarà distrutta, un altissimo testo di
speranza; l'anno seguente, con la benedizione di Giuseppe Ungaretti,
il Turoldo entrava (primo frate!) nella prestigiosa collana dello
"Specchio" di Mondadori, con il secondo libro di liriche: Udii una
voce (Milano 1952). Sempre nel 1952 egli veniva incluso, da Valerio
Volpini, nell'Antologia della poesia religiosa italiana contemporanea,
presentatovi dall'amico Mario Apollonio (Vallecchi, 1952). Nel
triennio 1949-1952 (come, più tardi, nel 1973-1976) fece parte
del consiglio della provincia dei frati Servi di Lombardia e Veneto.
Egli godette allora di grande considerazione presso la maggioranza dei
frati più giovani, ai quali avrebbe dedicato anche delle cure
dirette, anni dopo, a Firenze. Epilogo del decennio milanese, iniziato
nel 1943, furono vari viaggi (obbligati!) di Turoldo in Europa. Egli
venne allontanato, per pressioni nate negli ambienti della curia
arcivescovile di Milano, dal convento di San Carlo e assegnato
ufficialmente addirittura al convento dei Servi di Inns-bruck, in
Austria (1953-1955), da cui fece, però, frequenti soste a
Monaco di Baviera e in Svizzera, e molti rientri in Italia,
soprattutto per la predicazione itinerante. La "Corsia dei Servi"
venne mantenuta in vita - come proposta tra le più coraggiose,
allora, in Italia - da fra Camillo de Piaz e dai due laici, di
grandissima levatura spirituale e culturale, che furono Peppino Ricca
e Lucia Pigni Maccia, entrambi defunti prima del Turoldo. Essi resero
la libreria annessa alla "Corsia" un punto di riferimento per tutti i
veri cercatori di un futuro autentico dell'uomo (cessò, invece,
per alcuni anni il cineforum, istituito nel 1952 dal Turoldo: primo
esempio, in quell'anno, a Milano).
1955 - 1964
Ancora di grande significato fra David M. Turoldo fu il decennio successivo: gli anni di feconda transizione dal 1955 al 1964, quando venne reinserito ufficialmente in Italia, e proprio a Firenze, nell'irrequieta e irripetibile stagione della fine dell'età pacelliana e dell'immediato preconcilio e della vigilia dell'imprevedibile pontificato di rifondazione della credibilità cristiana, che fu quello del bergamasco Angelo Giuseppe Roncalli, tra il 1958 e il 1963, papa Giovanni XXIII. Questi anni sono stati per lui l'occasione prolungata di un sempre più lucido ritorno alle sue radici: dell'Ordine dei Servi e della propria cultura friulana (nel decennio precedente perse la madre e, poi, il padre; e le sue poesie stampate avevano incluso più di una "salmodia" per loro). Nel 1955, su invito del priore generale dei Servi il Turoldo, fu assegnato di convento all'Annunziata di Firenze: una città, in quel momento, tra le più vivaci, anche per ispirazione cristiana, in Italia e in Europa (con vescovi preconciliari come Elia Della Costa e sindaci, aperti ai temi della pace nel mondo, come Giorgio La Pira). Impareggiabile fu la qualità degli incontri, che egli - per qualche tempo, anche docente di filosofia ai giovani frati del collegio nazionale dei Sette santi di Firenze - potè intrecciare allora in Toscana, con una quanto mai feconda radicazione nei luoghi delle origini dei Servi, di cui sarebbe stato, sempre da allora, cantore memore e intelligente, come ha dimostrato tra il 1982 e il 1983 (nel 750esimo dell'Ordine) e, già gravemente ammalato, nel gennaio del 1988, durante le celebrazioni inaugurali del primo centenario della canonizzazione dei Sette santi, e proprio a Firenze. Un amico fedele di quegli anni, conosciuto già da tempo (e solidale con lui nell'esperienza di Nomadelfia) è stato il pistoiese fra Giovanni Maria Vannucci (morto, poi, il 18 giugno 1984), che il 29 giugno 1967 avrebbe fondato il primo eremo moderno dei Servi a San Pietro alle Stinche, nel Chianti. In fruttuoso sodalizio con lui, il Turoldo fece una serie di proposte a Firenze - sempre di cultura e di carità - e ristrutturò il bollettino locale della Santissima Annunziata (divenuto, nel 1962, la rivista: Attesa), aprendo nel santuario dei Servi una nuova "Messa della carità". Dal 10 al 15 agosto 1960, in piazza Duomo a San Miniato (Firenze), venne rappresentato, per la prima volta, il suo testo di teatro: La passione di san Lorenzo, in cui sono sintetizzate limpidamente alcune delle istanze, religiose e sociali dell'esperienza milanese e fiorentina. Prima della conclusione di questo decennio, vi furono nuovi viaggi (obbligati, anche questi!) all'estero; inclusa, in Europa, l'Inghilterra. Turoldo si impose anche per la predicazione, soprattutto quaresimale, agli italiani emigrati, residenti negli usa e in Canada e infine in Sudafrica. Dall'autunno del 1961 fra David Maria Turoldo venne assegnato al convento di santa Maria delle Grazie di Udine, il santuario ove andava pellegrino, con la madre e la famiglia, nella sua infanzia contadina (e anche a Udine, ovviamente, stimolò con fantasia e con tenacia iniziative di carità e di cultura, incluso il cineforum, anche qui il primo della città).
Durante il 1962 realizzò il suo unico e "poetico" film: Gli ultimi, con la consulenza dell'amico Pier Paolo Pasolini. Venne così rafforzato fortemente il legame con la cultura delle proprie origini: riemerso, con prepotenza, in seguito, durante la terribile vicenda del terremoto del maggio 1976, quando egli si prodigò - immediatamente e a lungo - per gli aiuti alla sua gente. Tra il 1955 e il 1964 la produzione letteraria di Turoldo - diramatasi, ormai, capillarmente anche nella stampa quotidiana e settimanale - non è cessata, anzi si è estesa alla saggistica, specie quella fattasi eco di meditazioni bibliche. Durante questa tappa "aperta" della sua vita, il Turoldo iniziò anche il suo magistero - un vero servizio alla Parola - alla giovane televisione italiana, continuato letteralmente sino alla morte; inizialmente con memorabili commenti al vangelo domenicale.
1964 - 1988
Un'ulteriore tappa, la più lunga e quella di più larghe risonanze, della vita di fra David Maria Turoldo maturò alla morte di papa Giovanni XXIII (1963), in pieno Concilio ecumenico vaticano II. Non ancora giunto ai cinquant'anni, egli prese, gradualmente ma anche impazientemente, la decisione di fondare qualcosa di nuovo, nell'Ordine dei Servi e nella chiesa, nella memoria del papa, che aveva impresso una svolta epocale alla storia cristiana. Il progetto venne stilato con la costituzione, entro la primavera del 1964, dell'associazione degli "Amici della casa di Emmaus" e si concretò il primo novembre 1964 con l'affidamento da parte del vescovo di Bergamo, Clemente Gaddi, della chiesa del Priorato di S. Egidio in Fontanella al Monte. Coraggio e rischio caratterizzarono questa nuovissima fondazione. Il 24 maggio 1967 lo stesso vescovo benedì e inaugurò la "Casa di Emmaus", [foto] adiacente all'antica chiesa, dedicata nelle intenzioni turoldiane all'accoglienza e all'ospitalità di credenti e non, in sincera ricerca.
Con una piccola comunità di giovani frati e in una rara intesa con
la popolazione nativa, David Maria Turoldo ha fatto dell'eremo
bergamasco - per quasi trent'anni - uno dei luoghi più importanti
d'Europa per una rinnovata esperienza religiosa, stimolata dal
Vaticano II, e soprattutto per una inesausta creatività a servizio
della preghiera e nell'ascolto della Parola di Dio, con accenti
dichiaratamente pastorali (e numerosi furono anche i libri editi da
lui, in tal senso, sempre con la collaborazione della sua comunità
di frati e di laici). Proprio il rinnovamento della preghiera
cristiana ha goduto a Sant'Egidio di uno dei massimi laboratori
recenti, ove sono stati composti centinaia di inni e cantici nuovi,
ove sono stati tradotti e sperimentati a lungo i Salmi in forma
metrica per il canto popolare (prima edizione: Bologna, 1973) e sono
stati predisposti innumerevoli interventi di riflessione e di
orazione comune per la liturgia delle ore di tutto l'anno, confluiti
nel grande volume: La nostra preghiera. Liturgia dei giorni. Dal
1967 la ricerca culturale, guidata dal Turoldo, ha avuto a
Sant'Egidio due poli nuovi:
1. la rivista Servitium (tuttora
attiva), originariamente strumento per la riforma dell'Ordine dei
Servi e degli altri Ordini "mendicanti", nel primo postconcilio, e poi
esempio qualificato di "quaderni di ricerca spirituale", non
convenzionali, con grande ventaglio di proposte;
2. proposta
editoriale di libri di molteplici orizzonti culturali e spirituali,
sfociata più tardi, nel 1996, nell'editrice Servitium.
Incessante in Turoldo, accanto a quello religioso di partenza e di
fondo, l'impegno etico e politico negli anni sessanta/ottanta, come lo
testimoniarono tantissimi interventi sulla stampa quotidiana e
attraverso le reti radiofoniche e televisive. Molti anche i rapporti
intrattenuti con personalità ecclesiastiche, politiche e
culturali in particolare dell'America latina, che, venendo in Italia,
sostavano a Fontanella. Anche dal mondo religioso di diverse
confessioni sono salite in visita a Fontanella per incontrare
soprattutto padre David.
1988 - 1992
In maniera ancora imprevedibile, il magistero spirituale di fra David Maria Turoldo si è dispiegato, in un nuovo avvio, dal settembre del 1988, a breve distanza dalla conoscenza della gravissima malattia, diagnosticatagli definitivamente nell'estate di quell'anno e che sembrava gli concedesse ancora solo pochi mesi di vita. In un tempo, invece, fattosi relativamente lungo, la voce di Turoldo, tornata della massima pulizia interiore, ha testimoniato con coraggio e speranza un amore struggente alla vita, senza alcuna paura della morte.
Decine di interviste - spesso dal letto dell'ospedale di Padova o dalla casa di riposo del P.I.M.E. di Lecco e dalla clinica "San Pio X" di Milano - egli ha rilasciato a molti giornali, anche locali. Egli ha privilegiato però, al possibile, tra i sabati e le domeniche le sue liturgie a Sant'Egidio di Sotto il Monte (sino alla domenica 5 gennaio 1992) e nuovi incontri nella sua chiesa "giovanile" di San Carlo a Milano (lectio divina, perfino settimanale, e celebrazione della prima eucaristia festiva). E la sua passione per la preghiera e per la meditazione della Parola gli hanno dato la forza di portare a termine, unitamente a Gianfranco Ravasi, l'immensa fatica del volume Opere e giorni del Signore, pubblicata con una lettera prefatoria del cardinale arcivescovo Carlo Maria Martini; e ha raccolto per la stampa suoi testi inediti o esauriti, soprattutto quelli biblici e liturgici. Nell'autunno del 1991, il Turoldo ha siglato un nuovo libro di poesia, dal titolo quanto mai emblematico (anche per l'allusione escatologica): Canti ultimi (Garzanti). In dicembre, l'ultimo quaderno di Servitium proponeva ancora un suo articolo: "Silenzio di Dio, silenzio su Dio", con una serie di poesie tra le ultime. Il magistero assiduo e intenso di fra David Maria Turoldo si è concluso nella settimana centrale dell'inverno, dopo aver tenuto l'ultima sua predica la mattina della domenica 2 febbraio 1992 nella liturgia trasmessa dalla televisione italiana dalla cappella della clinica "San Pio X" di Milano. Mercoledì sera, prima dell'ultima e breve crisi, stava ancora lavorando a una nuova meditazione dei Salmi (la sua inesausta fatica!); era giunto al Salmo 16. E la domenica 9 febbraio, nella rubrica televisiva "Frontiere dello Spirito", a cura dell'amico Gianfranco Ravasi, egli compariva ancora - quasi oltre la morte - con i Salmi in mano, a sfogliarli con dolcezza e con proposte di speranza. Quando la mattina del giovedì 6 febbraio, il compagno fedelissimo e fraterno fra Camillo de Piaz gli chiudeva gli occhi, nella liturgia eucaristica delle chiese si leggeva, dal capitolo secondo del Primo libro dei Re, nientemeno che la morte dell'antico Davide, profeta e poeta! Al termine della messa domenicale del 2 febbraio, il più recente David aveva, però, salutato i fedeli, dicendo che "la vita non finisce mai".
Turoldo è entrato in relazione, come Giuseppe Dossetti, Zeno Saltini, Giorgio La Pira, Ernesto Balducci, Mario Gozzini, la rivista "Il gallo".
A uno sguardo complessivo la biografia del Servo di Maria appare ricchissima di esperienze, di produzione scritta e orale, di incontri. Limitandoci ai nomi in Italia più noti fu amico e collaboratore di Mario Apollonio, Carlo Bo, Luigi Santucci, Primo Mazzolari, Giuseppe Lazzati nella Milano degli anni Quaranta; di Giorgio La Pira, Lorenzo Milani, Ernesto Balducci, Mario Gozzini, Divo Barsotti nella Firenze degli anni Cinquanta; e inoltre di Zeno Saltini, Giuseppe Dossetti, Enzo Bianchi e la comunità di Bose, Raniero La Valle, Roger Schultz e Max Thurian di Taizé, Ernesto Cardenal, Aurelio EscarrĂ©, abate di Montserrat, Gianfranco Ravasi, Rigoberta Manchù, don Tonino Bello, negli anni successivi, senza dimenticare i poeti Andrea Zanzotto, Biagio Marin, Alda Merini, Amedeo Giacomini, Luciano Erba e molte altre personalità che sarebbe lungo nominare. Le pubblicazioni dell'editrice Servitium, in particolare, ma anche libri scelti di altre editrici, sono acquistabili nella piccola libreria, ricavata in un locale adiacente alla chiesa, aperta tutti i giorni festivi ad opera di amici volontari.